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Palazzo Vecchio - Piazza della Libertà 5 - Bagnacavallo (RA) tel. 320.8381863 - 333.7866395 e-mail: cinemabagnacavallo@gmail.com Fb e Instagram: cinema palazzo vecchio. Il parcheggio in Piazza della Libertà è sempre gratuito dalle ore 20. Orario spettacoli: Martedì, Mercoledì, Venerdì, Sabato ore 21.00 Domenica ore 16 e ore 21

giovedì 15 marzo 2007

Terminata con successo la prima edizione



Il successo di "Nuovo Cinema Bagnacavallo" dimostra che tentare nuove strade, per riscoprire il valore della visione collettiva del cinema è possibile. La prova è stata superata, la risposta di pubblico è stata superiore alle nostre aspettative.
Un successo per “L’orchestra di Piazza Vittorio” e “Fascisti su Marte”, i titoli più conosciuti in rassegna, ma anche documentari molto meno conosciuti come “Born into Brothels”. Quindi possiamo dire, ora con piacere, che raccontare lo stato del cinema del presente, proiettando film, e non solo, su supporto digitale è possibile.
E’ quindi con rinnovato entusiasmo che stiamo preparando la seconda edizione della rassegna, a partire dal 20 ottobre 2007.
Cercheremo di ampliare le tematiche affrontate, dal reportage al documentario sociale, dall’animazione al documentario d’inchiesta cercando di coinvolgere l’associazionismo locale.
Nel frattempo via aspettiamo per la XXIII edizione dell’arena estiva che avrà inizio il 14 giugno presso il Parco delle Cappuccine.


domenica 11 marzo 2007

Martedi 12 - L'amore che fugge


L’AMORE CHE FUGGE

docufiction
italia 2006 - DV 90 min

incontro con la regista MARIA MARTINELLI



L’amore che fugge racconta un mondo fatto di “singles” che, con mille contraddizioni, cercano una strada per il loro vivere sentimentale. Racconta dei sentimenti, dell’amore, della passione e della difficoltà sempre più profonda di riconoscere queste emozioni.
Oscillando fra momenti di inevitabile sconforto e grande energia, “l’amore che fugge” racconta che la vita sentimentale è anche un gioco e che l’amore è un rito in cui inventare sempre nuove regole.

Silvana, la titolare dell’agenzia matrimoniale, è una donna molto bella, alta, bionda, fisico da modella, lavoro che ha fatto in gioventù.
Ha aperto l'agenzia matrimoniale "Amicizia & Amore" tre anni fa a Ferrara e ora ha più di tremila iscritti.

La sua agenzia fa parte di un franchising composto da altre otto agenzie in Italia. I responsabili delle agenzie si incontrano una volta al mese, si scambiano le informazioni sugli utenti e così in questo modo le persone iscritte possono contare su un area più vasta di incontri, aumentando la possibilità “ di trovare l’anima gemella”.

Nell’agenzia, c’è di tutto, anzi di più di quello che si possa immaginare: giovani che pensano di trovare persone più serie e con intenzioni più determinate di quelle che incontrano in discoteca e nella loro vita; persone più mature, spesso separate e con figli, con più difficoltà di incontri nella vita di ogni giorno, fino ad arrivare agli anziani che ancora non hanno perso la speranza di passare la loro vecchiaia con qualcuno accanto.

Silvana, organizza due incontri al mese per ogni iscritto e loro, si fidano di lei, del suo intuito. Lei intreccia psicologie, profili e corpi, con quella capacità che a volte solo le donne hanno. A volte fa centro a volte no, ma sicuramente è dispensatrice di energia positiva e soprattutto crede nell’amore e nel “mito del principe azzurro”.

venerdì 9 marzo 2007

Sabato 10 - Azur e Asmar


Da un maestro del film d'animazione, una nuova favola educativa.

Azur ha gli occhi azzurri, Asmar ce li ha neri come la notte. Il primo è figlio di un nobile gelido, il secondo di un'amorevole balia, che cresce i pargoli come fratelli, raccontando a entrambi, ogni sera, alle porte del sonno, la leggenda della fata dei Jinns, che attende, da una prigione nascosta, il giovane che la libererà. Ma un giorno il padre di Azur lo manda lontano da casa per studiare e scaccia dalla sua dimora francese la nutrice e il piccolo Asmar. Solo una volta adulto, Azur si imbarcherà in direzione dell'Oriente per ritrovare i suoi cari e liberare la fata dei Jinns.
Lo guida l'eco di una lingua a noi sconosciuta, di cui serba il ricordo infantile (l'arabo, volutamente non doppiato né sottotitolato) e lo scorta lo sgradevole Rospù, un mendicante brutto e bianco che sputa sulla terra che lo sta ospitando e che gli dà di che sopravvivere. Prima ancora che un artista, Michel Ocelot è un incantatore, uno di quegli illusionisti capaci di magiche incongruità, come far uscire un animale da un oggetto vuoto o un film sul medioevo della civiltà islamica da un software 3D che più moderno non si può. Con Azur e Asmar, spettacolo nel quale si mescolano suggestioni da "Mille e una notte", Ocelot mette in scena la vicenda di un'amicizia elettiva tra un principe azzurro e un esotico Aladino inserendola nello schema della fiaba, e con questo ci ricorda che la realtà è ben diversa. Però, come insegna l'esempio di Azur, un racconto leggendario può guidare una vita, basta crederci. Basta attraversare il mare che ci divide dall'ignoto e capire che la differenza non è un segno di sottrazione ma uno scrigno di pietre preziose. Per illuminare i tanti sinonimi di Oriente e Occidente, il papà di "Kirikù" procede per contrari: una fiaba luccicante per raccontare la cecità del pregiudizio e l'ottusità della superstizione (occhi azzurri là, gatti neri di qua); un elenco di tutto quel che manca alla civiltà del mediterraneo per mettere in luce tutto quel che possiede. Un'operazione antiretorica degna dell'applauso. In questo gioco di specchi e porte gemelle, a ognuno il turno di riflettersi e riflettere per capire se si è più Asmar o più Azur o più Rospù. L'appello civile e morale non è alla tolleranza ma al riconoscere che –come in ogni fiaba che si rispetti- l'unione fa la forza. Ocelot vede nell'unione delle culture l'avvenire del mondo e lo comunica con il suo tratto ispirato tanto dai pittori fiamminghi che dalle miniature persiane e la sua tavolozza che mescola i colori di Francia con quelli della Turchia, dell'Andalusia e del Maghreb.

mercoledì 7 marzo 2007

8 Marzo - in occasione della festa della donna - Moolaadé


presenta la serata il Sindaco Laura Rossi



MOOLADE' di O. Sembene (Sen 2006, 123’)

vincitore al Festival di Cannes 2004 della rassegna Un Certain Regard


Ai margini del mondo, al centro della lotta

In un villaggio Africano quattro ragazzine fuggono per sottrarsi al rito dell'escissione, rifugiandosi nella casa di Collé Ardo, donna che sette anni prima si era rifiutata di sottoporre...
... la propria figlia Amsatou a questa pratica. La donna, terza di quattro mogli di un agricoltore del villaggio, dapprima sembra titubante per paura di conseguenze gravi, ma poi si appella allo spirito della Moolaadé, del diritto d'asilo, e offre rifugio alle piccole terrorizzate. Ne nascerà uno scontro tra valori interni lacerante, che porterà ad una contrapposizione sempre più pericolosa...

Non lasciatevi sfuggire questo film. Ousmane Sembene è il padre della cinematografia dell'Africa subsahariana, attivo da più di quarant'anni tra finzione e documentario e con in cascina diverse pietre miliari. Ma nonostante ciò, il suo cinema in Italia è quasi invisibile al di là di alcune ricorrenze festivaliere. L'uscita di Moolaadé è dunque una preziosa occasione per accostarsi all'opera di un cineasta preziosissimo, che con quest'ultima fatica non fa che confermare una scelta di rigorosa continuità stilistico-espressiva, nonché politica nel senso più militante del termine. Il suo è un cinema che si offre come 'discorso' ed ogni opera presa singolarmente si caratterizza come tassello di una visione complessiva di natura rivoluzionaria e marxista, avendo come sfondo sempre, invariabilmente, le realtà più nascoste e retrive dell'Africa nera.
In questo Moolaadé il tema di riferimento è quello dell'escissione, pratica diffusa soprattutto nei paesi dell'Africa subsahariana - ma non solo - e Sembene ce ne parla in un ottica tutta interna all'immaginario simbolico ancestrale delle culture tribali tradizionali (a-storiche, si sarebbe detto erroneamente un tempo). Come sempre, dispiegando con piglio didascalico la vicenda di una donna che, per proteggere quattro bambine fuggite dal rito purificatorio della Salindé (l'escissione, per l'appunto, cioè l'ablazione del clitoride tramite operazione chirurgica sommaria) oppone a questa legge consuetudinaria quella del diritto d'asilo per i fuggiaschi, incarnata nel potente spirito del Moolaadé.
La lotta diverrà sempre più strenua e radicale, contrapponendo in modo progressivamente più netto e marcato gli uomini e il gruppo di donne addette a praticare la Salindé da una parte e le madri del villaggio dall'altra. Fino ad uno scontro finale che sublima e fa esplodere tutta la potenza rivoluzionaria dello sguardo di Sembene, portando nel mezzo di un villaggio del Burkina Faso una rivolta femminista a tutti gli effetti ed emozionandoci non epidermicamente - dunque a breve termine - ma intellettualmente ed epicamente - dunque a lungo termine - con un'inquadratura finale che sostituisce l'uovo di struzzo conficcato da 150 anni sulla cima del minareto del villaggio (simbolo di tradizione e continuità, ma anche di una maternità trafitta e sofferente), con un'antenna televisiva. Non un invasione della cultura occidentale nel territorio del bon sauvage bensì, con una naivetè calcolata e splendida, l'auspicata via verso una comunicazione libera e consapevole.

domenica 4 marzo 2007

Martedi 6 e sabato 10 - Azur e Asmar


Da un maestro del film d'animazione, una nuova favola educativa.

Azur ha gli occhi azzurri, Asmar ce li ha neri come la notte. Il primo è figlio di un nobile gelido, il secondo di un'amorevole balia, che cresce i pargoli come fratelli, raccontando a entrambi, ogni sera, alle porte del sonno, la leggenda della fata dei Jinns, che attende, da una prigione nascosta, il giovane che la libererà. Ma un giorno il padre di Azur lo manda lontano da casa per studiare e scaccia dalla sua dimora francese la nutrice e il piccolo Asmar. Solo una volta adulto, Azur si imbarcherà in direzione dell'Oriente per ritrovare i suoi cari e liberare la fata dei Jinns.
Lo guida l'eco di una lingua a noi sconosciuta, di cui serba il ricordo infantile (l'arabo, volutamente non doppiato né sottotitolato) e lo scorta lo sgradevole Rospù, un mendicante brutto e bianco che sputa sulla terra che lo sta ospitando e che gli dà di che sopravvivere.
Prima ancora che un artista, Michel Ocelot è un incantatore, uno di quegli illusionisti capaci di magiche incongruità, come far uscire un animale da un oggetto vuoto o un film sul medioevo della civiltà islamica da un software 3D che più moderno non si può.
Con Azur e Asmar, spettacolo nel quale si mescolano suggestioni da "Mille e una notte", Ocelot mette in scena la vicenda di un'amicizia elettiva tra un principe azzurro e un esotico Aladino inserendola nello schema della fiaba, e con questo ci ricorda che la realtà è ben diversa. Però, come insegna l'esempio di Azur, un racconto leggendario può guidare una vita, basta crederci. Basta attraversare il mare che ci divide dall'ignoto e capire che la differenza non è un segno di sottrazione ma uno scrigno di pietre preziose.
Per illuminare i tanti sinonimi di Oriente e Occidente, il papà di "Kirikù" procede per contrari: una fiaba luccicante per raccontare la cecità del pregiudizio e l'ottusità della superstizione (occhi azzurri là, gatti neri di qua); un elenco di tutto quel che manca alla civiltà del mediterraneo per mettere in luce tutto quel che possiede. Un'operazione antiretorica degna dell'applauso.
In questo gioco di specchi e porte gemelle, a ognuno il turno di riflettersi e riflettere per capire se si è più Asmar o più Azur o più Rospù.
L'appello civile e morale non è alla tolleranza ma al riconoscere che –come in ogni fiaba che si rispetti- l'unione fa la forza. Ocelot vede nell'unione delle culture l'avvenire del mondo e lo comunica con il suo tratto ispirato tanto dai pittori fiamminghi che dalle miniature persiane e la sua tavolozza che mescola i colori di Francia con quelli della Turchia, dell'Andalusia e del Maghreb.